TRADIZIONE ORALE ( a cura di Guido Ferretti ) - pag. 9

pagine < 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 >
     Nel 1907 oltre metà dei minatori di Casoni passarono dal Sempione in Svizzera a lavorare nella galleria del Lötschberg che fu inaugurata nel 1913. Il traforo ferroviario univa Kandersteg con Goppenstein.


Goppenstein - Entrata sud del traforo del Lötschberg, all’inizio dei lavori.

Notizie storiche

     Il Cantone di Berna, per non essere tagliato fuori dalle grandi linee di comunicazione nord-sud, del Gottardo e del Sempione, già in esercizio, decise di far costruire una nuova ferrovia nord-sud che lo congiungesse al Cantone Vallese e con la linea del Sempione attraverso una lunga galleria sotto il Lötschberg a 1240 m s.l.m. e due rampe di accesso con dislivelli limite fino al 27 per mille.
     Il progetto era stato elaborato dai migliori ingegneri ferroviari del momento e approvato da esperti internazionali. Per la parte in galleria, la Compagnia del Lötschberg (proprietaria) non tenne pertanto conto delle poche proposte di ulteriori accertamenti, soprattutto in corrispondenza della vallata del fiume Kander. Nemmeno l’impresa costruttrice, un consorzio francese, lo ritenne necessario. Nessuno s’immaginava che la progettazione di quella galleria contenesse un errore fatale che prima o poi si sarebbe manifestato, tragicamente.
     Quel momento arrivò il 24 luglio 1908, venerdì, alle ore 2.30, al km 2,675 dall’ingresso nord.
     Completamente ignari di quel che stava per accadere, i 25 minatori che si prestavano a far brillare le mine per l’avanzamento, si ritirarono in luogo sicuro, come d’abitudine. Non potevano sapere che a proteggerli era proprio quello strato di roccia che stava per saltare. In effetti, subito dopo lo scoppio, un’immensa massa di acqua, fango e detriti invase prepotentemente la galleria per oltre un chilometro travolgendo inesorabilmente tutto.
     Per i 25 minatori, tutti italiani e prevalentemente del sud, non ci fu scampo. Il ventre della montagna restituì un solo corpo e pochi resti di altri.
     I lavori del tunnel dal lato nord furono subito interrotti. Per questioni di sicurezza si decise di rinunciare al tentativo di ricuperare le altre salme e di chiudere la galleria ritenuta ormai pericolosa, a 1436 metri dall’ingresso nord, con un muro di 10 m di spessore.
     L’esito di sondaggi eseguiti nel sottosuolo in corrispondenza del primario tracciato sconsigliò di proseguire lo scavo in linea retta, se non dopo una deviazione verso est prima di riprendere il percorso originale.
     I lavori di scavo secondo il nuovo tracciato ripresero dopo sei mesi d’interruzione. Il tunnel risultò 835 m più lungo del previsto, ossia 14.605,45 metri invece dei previsti 13.770.
(Dal portale: Italia chiama Italia, Giovanni Longu, “1908 – annus horribilis per gli immigrati italiani in Svizzera”)


Traforo del Lötschberg: foto scattata al momento dell’incontro, quasi esatto, dei due fronti.


     É notizia certa che nessun minatore di Casoni fu coinvolto nella tragedia, essendo tutti impegnati sull’avanzamento sud che partiva da Goppenstein.
     Alla realizzazione di questa nuova opera furono presenti, per la prima volta, minatori della terza giovane generazione. Non si conosce esattamente il nome di tutti i partecipanti, ma si dice fossero circa una trentina, appartenenti alle seguenti famiglie di Casoni: Giamanti, Mutti, Meneghetti,Tuognìn, Zàn, Perteghielle, e forse ad altre.
     Da allora, per oltre mezzo secolo, moltissimi italiani furono, anche se spesso inconsapevolmente, protagonisti di una modernità di cui oggi cogliamo i frutti a piene mani.

     I ricordi di quel periodo sono molto frammentari; ma fra questi vi è un semplice fatto abbastanza originale e significativo.
     I minatori casonesi provenienti dal Sempione, appena arrivati a Goppenstein, si sistemarono nella solita locanda approntata dai “Giamanti”.
     La locandiera era Caterina, moglie di Agostino, conosciuto come Stin.
     Il mattino seguente, la brava cuoca scese in paese a far la spesa, doveva sfamare una ventina di persone.
     Lungo la strada incontrò un valligiano che la salutò dandole il buon giorno in tedesco (Guten Tag) dicendo semplicemente “Tag”.
     Lei intuì che era un saluto, ma non conoscendo il significato non seppe rispondere.
     Strada facendo, iniziò a meditare su quel saluto: – “Al nostro paese le “tacche” sono le scaglie di legno che si fanno tagliando un tronco con la scure. Pezzetti di legno che ardono facilmente e utili per accendere il fuoco” – Sempre per associazione di idee – “Ma anche i ramoscelli di faggio secchi sono ottimi per accendere il fuoco! E noi li chiamiamo “biscagìn”.
     Continuando a riflettere sul saluto in tedesco, incontrò un altro montanaro che regolarmente salutò: “Tag” e la Caterina pronta rispose: “Biscagìn”.
     Il montanaro la guardò sorpreso, accennando a un leggero sorriso.
     Ora la situazione era di parità. Ambedue non comprendevano il saluto dell’altro.
pagine < 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 >